Assunzioni al 118, ecco perché | i politici devono pagare - Live Sicilia

Assunzioni al 118, ecco perché | i politici devono pagare

I politici condannati dalla Corte dei Conti

La Corte dei conti ha respinto l'istanza di sospensione dell'esecuzione della pena. Diciasette politici devono sborsare 12 milioni di euro in attesa del ricorso in Cassazione.

PALERMO – Non siamo in presenza di  “un grave e irreparabile pregiudizio” per le finanze dei politici. In soldoni, gli onorevoli, ex e in carica, condannati dalla Corte dei Conti possono mettere mano al portafogli per pagare il danno erariale provocato dalle assunzioni pre-elettorali al 118.

Con questa motivazione la stessa Corte dei Conti ha risposto picche agli imputati che chiedevano di sospendere il pagamento in attesa che la Cassazione si pronunci sul loro ricorso. Sono dodici milioni di euro in totale, così suddivisi: 729.878 euro ciascuno per Totò Cuffaro, Antonio D’ Aquino, Francesco Scoma, Francesco Cascio, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio, Santi Formica, Nino Dina, Giuseppe Basile, David Costa, Giuseppe Arcidiacono, Giancarlo Confalone, Angelo Moschetto; 598.612 euro per Fabio Granata, Carmelo Lo Monte e Michele Cimino, Innocenzo Leontini. In pratica tutta la giunta Cuffaro e i membri della commissione Sanità che con il voto del 2005 assunsero 512 nuovi autisti-soccorritori. Assunzione che, secondo i giudici contabili, non rispondevano a reali esigenze per migliorare il sevizio ma a “logiche clientelari e pressioni lobbystiche”.

La sentenza di condanna è di fine febbraio. Il dirigente generale Giovanni Bologna l’ha già notificata a tutti. Primo passo per la riscossione delle somme. Non sono mancate, però, le resistenze. I politici hanno innanzitutto presentato un’istanza di sospensione dell’esecuzione del provvedimento e poi un ricorso in Cassazione. Di fatto il ricorso non potrà riguardare il merito del processo, ma la giurisdizione. I Supremi giudici dovranno decidere se era competenza della Corte dei conti processare i politici oppure se spettava a un giudice civile. Nell’attesa della decisione i politici hanno chiesto di bloccare il pagamento.

La legge prevede, infatti, che lo stesso giudice che ha emesso la sentenza possa disporre, “qualora dall’esecuzione della pena possa derivare un grave e irreparabile danno, che l’esecuzione sia sospesa. La gravità che fa scattare la richiesta di sospensione deve essere valutata in relazione alle condizioni soggettive delle parti onde è da ritenersi sussistente quando vi sia un’eccezionale sproporzione fra il vantaggio ricavabile dall’esecuzione da parte del creditore rispetto al pregiudizio patito dal debitore. Il pregiudizio deve essere superiore a quello che la norma considera come inevitabile conseguenza dell’esecuzione forzata”.

Un concetto che, spogliato dalla terminologia giuridica, può essere così sintetizzato: l’interesse della Regione di recuperare il denaro vale più del danno che i debitori subirebbero privandosi di una somma così elevata. E poi, qualora la Cassazione dovesse dare loro ragione, i soldi sono pur sempre un bene “ripetibile”. La Regione potrà sempre restituirglieli. La Cassazione si pronuncerà nei prossimi mesi, intanto l’iter per il recupero delle somme è avviato.


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