Joint venture Cosa nostra-'Ndrangheta | per un riciclaggio da miliardi di dollari - Live Sicilia

Joint venture Cosa nostra-‘Ndrangheta | per un riciclaggio da miliardi di dollari

Il ruolo di intermediario di Salvatore Miceli
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Ci sarebbe lo zampino di Salvatore Miceli, arrestato in Venezuela nel giugno 2009 e considerato fermo punto di riferimento di Matteo Messina Denaro, dietro l’inserimento dei tre siciliani (Andrea Angelo di Alcamo, Salvatore Angelo di Salemi, Antonio Drago di Valledolmo) nel “gruppo misto” siculo-calabrese colpito oggi da un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Reggio Calabria, Silvana Grasso. Si tratta di un’operazione condotta dalla guardia di finanza, coordinata dalla Dda reggina, contro un maxi-riciclaggio, che coinvolgerebbe diversi istituti bancari italiani ed esteri, dal valore nominale di 870 milioni di dollari che, attualizzato, porta alla cifra record di 39 miliardi di dollari.

Le indagini sono partite da una perquisizione a Rosarno, nella costa tirrenica reggina, che ha portato al sequestro di un certificato di deposito emesso negli anni ’60 dal Credit Suisse proveniente dal dittatore indonesiano Kusno Sosrodihardjo, detto “Soekarno”, a favore di un prete, monsignor Domenico Ferrazzo, come ricompensa per avergli salvato la vita. Titolo che è passato alla zia, Rosina Galati, e quindi al figlio di quest’ultima, Nicola Galati, uno degli arrestati.

Gli indagati – accusati di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio, alla truffa e alla falsificazione di titoli di credito – avrebbero, dunque, tentato di incassare il titolo coinvolgendo diverse banche: Monte dei Paschi di Siena, Banco di Sicilia, Unicredit, Ing Direct e anche lo Ior. E secondo le indagini avrebbero anche rifiutato un’offerta di monetizzare il 45 per cento del valore totale. Per rendere credibile la versione e la falsa documentazione prodotta alcuni componenti del sodalizio si erano addirittura recati sulla tomba del religioso, realmente esistito,  per estrapolarne le date di nascita e di morte. I provvedimenti emessi riguardano 20 persone dislocate nelle province di Trapani, Reggio Emilia, Modena, Catanzaro, Palermo, Bologna, Verona, Cosenza e Reggio Calabria

Il procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, che ha coordinato l’inchiesta con l’aggiunto Nicola Gratteri e il sostituto Sara Ombra, in conferenza stampa ha detto: “La domanda che viene spontaneo porsi è se ci sia stata una ingenuità eccezionale da parte dei funzionari degli istituti bancari o se vi siano state in atto delle collusioni”.

Gli altri arrestati. I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono: Vincenzo Andronaco, 38 anni, di Oppido Mamertina; Rocco Arena, 41 anni, di Taurianova; Paolo Baccarini, 45 anni, di Modena; Vincenzo Dattilo, di 55 anni, di Lamezia Terme; Michele Fidale, 50 anni, di Polistena; Francesco Filippone, 31 anni, di Melicucco; Rocco Santo Filippone, 71 anni, di Anoia; Antonino Galasso, 59 anni, di Cittanova; Nicola Galati, 53 anni, di Vibo Valentia; Francesco Grupico, 54 anni, di Marina di Gioiosa Ionica; Antonino Napoli, 57 anni, di Polistena; Alessio Vincenzo Rovitti, 36 anni, di Cassano allo Ionio; Carmelo Sposato, 37 anni, di Taurianova; Giuseppe Sposato, 46 anni, di Taurianova; Antonio Surace, 34 anni, di Polistena; Rocco Ursino, 51 anni, di Locri. Sono stati disposti gli arresti domiciliari per la sola Daniela Rozzi, 43 anni, di Modena.


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