Saltato il nesso tra mafia e politica - Live Sicilia

Saltato il nesso tra mafia e politica

E ora? La sentenza emessa dalla corte d’appello di Palermo segna un solco fra un prima e un dopo. E a fare da spartiacque, ancora una volta, è il 1992, l’anno delle stragi. Dell’Utri è colpevole di concorso esterno ma non oltre quell’anno, quando si sono raccolte le macerie della prima Repubblica. Salta così l’anello di congiunzione fra Forza Italia e la mafia perché il senatore del Pdl è stato ritenuto la testa di ponte fra Cosa nostra e il partito di Berlusconi. L’ha detto Luigi Ilardo, il confidente dei carabinieri ucciso nel
maggio 1996, quando stava per ufficializzare la sua collaborazione con la giustizia. Lo dice Massimo Ciancimino, riportando il pensiero del padre che riteneva Dell’Utri il prosecutore del suo ruolo cerniera fra mafia e politica. Ma il figlio di Don Vito al processo non è stato ammesso. Lo diceva in tempi non sospetti Nino Giuffré, braccio destro di Provenzano, che ha raccontato come Cosa nostra, a un certo punto, aveva abbandonato il progetto di un partito autonomista (“Sicilia Libera”) per convergere su Forza Italia. Da uno dei cellulari usati dai fratelli Graviano durante la latitanza veniva chiamato spesso Giovanni La Lia, presidente di un club forzista di Misilmeri, paese a pochi chilometri da Palermo. La Lia era presente nella prima riunione dei club siciliani di Forza Italia, il 5 febbraio 1994, al San Paolo Palace Hotel, nel territorio di Brancaccio. La struttura ricettiva a cinque stelle del costruttore Giovanni Ienna, presidente del primo club di Forza Italia sorto del capoluogo siciliano e ritenuto prestanome proprio dei fratelli di Brancaccio.
Infine c’è Spatuzza e quel “ci siamo messi il paese nelle mani grazie alla serietà di queste persone” che Giuseppe Graviano gli avrebbe confidato nell’incontro al bar Doney di via Vittorio Veneto a Roma nel gennaio del 1994. Quelle persone, per Spatuzza, erano Berlusconi e Dell’Utri i “mandante 1 e mandante 2” delle stragi in continente del 1993, archiviati sia dalla procura di Caltanissetta che da quella di Firenze. E il mistero, forse, è destinato a rimanere tale.


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