"Ciancimino dice fandonie" - Live Sicilia

“Ciancimino dice fandonie”

Ecco, ci risiamo! Eccone un altro che s’è messo a spararle grosse. Questa volta non siamo al cospetto di un sanguinario pluriomicida che, una volta preso, preferisce fare il mestiere del pentito, piuttosto che farsi il carcere duro. Questa volta siamo al cospetto del figlio di un ex politico mafioso, il quale da mesi riempie giornali, siti, libri e trasmissioni televisive con i suoi “mi pare”, “ho sentito dire da mio padre”, “se non ricordo male” … , diventando, da condannato per riciclaggio qual è, la star del momento.
Gianfranco Miccichè sul suo blog
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Ecco, ci risiamo! Eccone un altro che s’è messo a spararle grosse. Questa volta non siamo al cospetto di un sanguinario pluriomicida che, una volta preso, preferisce fare il mestiere del pentito, piuttosto che farsi il carcere duro. Questa volta siamo al cospetto del figlio di un ex politico mafioso, il quale da mesi riempie giornali, siti, libri e trasmissioni televisive con i suoi “mi pare”, “ho sentito dire da mio padre”, “se non ricordo male” … , diventando, da condannato per riciclaggio qual è, la star del momento. Succede anche questo nel nostro Paese!  Non ci vuole poi tanto: basta saper maneggiare con cura ed accuratezza tribunali e mass media e far credere di avere buona memoria, che ti ritrovi ad essere personaggio, non più schernito per ciò che hai commesso, bensì apprezzato per la collaborazione e il servizio reso alla verità.

Già, la verità! La verità è un valore talmente assoluto ed univoco che non può essere affidata ai “mi pare”, “ho sentito dire da mio padre”, “se non ricordo male” … , specie quando in gioco c’è la credibilità di un  governo e del partito di maggioranza relativa del Paese, quindi del Paese stesso.

La verità è una e una sola e non conosce, né ammette osservazioni o controrepliche. Io, invece, ho molto da controreplicare al signor Ciancimino junior! E le mie non sono controrepliche de relato, io non parlo per sentito dire, io c’ero a quei tempi, quando fu fondata Forza Italia. Io c’ero, perchè  in Sicilia io ho fondato Forza Italia.

Io c’ero, ero il fondatore di quel partito che secondo Ciancimino sarebbe nato da una trattativa tra mafia e Stato; e mai nessun mafioso ha avuto contatti, né rapporti con me. Non lo dico io, lo dice la mia stioria giudiziaria, che non conosce una sola pagina in cui il mio nome sia accostato a Cosa Nostra. Certo, alcuni liquidano la questione dicendo che il mafioso era Dell’Utri. Tuttavia, mi pare improbabile che il figlioccio di un mafioso, io, sia stato messo lì a gestire un partito (cioè, potere) e sia riuscito a rimanere con le mani totalmente pulite.  Allora, delle due una: o siamo mafiosi entrambi e, caso strano, su di me non è mai uscito fuori nulla; oppure, chi da vent’anni a questa parte accusa Marcello è un buffone che ha capito che accusarlo è uno sport facile da praticare e molto redditizio.

Io c’ero quando mi misi in macchina con gli amici più stretti e girai la Sicilia in lungo e largo, alla ricerca solo ed esclusivamente di personaggi e volti puliti, capaci d’interpretare il nuovo miracolo italiano.

Io c’ero quando Sicilia Libera, il partito nato nel ‘93, direttamente collegato a Cosa Nostra, si schierò contro di noi nel maggioritario.

Io c’ero qundo chiudemmo alcuni club di Forza Italia per presunte infiltrazioni mafiose: mi riferisco in particolare al club San Paolo e a quello di Monreale.

Io c’ero, anzi, la mia famiglia c’era, era lì, terrorizzata, quando ricevetti le minacce di morte da parte di Mandalari.

Io c’ero e continuo ad esserci dentro quei governi Berlusconi che da sempre conducono una lotta senza quartire contro la mafia, attraverso atti concreti, come la cattura dei latitanti, il sequestro dei beni, il carcere duro, ecc; e non certo attraverso le ospitate televisive o le testimonianze in tribunale in cui si sprecano i ”mi pare”, “ho sentito dire da mio padre”, “se non ricordo male”…

Io, invece, non c’ero e non c’erano Dell’Utri, né  Berlusconi, non c’era ancora Forza Italia quando arrestarono Riina e poi omisero di perquisirne il covo. Mi spiace per Ciancimino, ma noi non c’eravamo, quindi, anche volendo, non avremmo avuto nessun potere per garantire ciò.

Io c’ero, Massimo Ciancimino no!

Io c’ero e posso testimoniare, davanti a Dio e davanti a qualsiasi tribunale, della coscienza o dello Stato, che quelle di Ciancimino sono tutte fandonie.

Io c’ero e c’era Giuseppe di Lello, uomo di sinistra, allora componente, assieme a Falcone e Borsellino, del pool antimafia incaricato di occuparsi a tempo pieno dei processi di Cosa Nostra. Affido a lui, alle parole di un avversario politico di Forza Italia, il mio pensiero finale sulla vicenda: “Onestamente che la lotta alla mafia ricominci col figlio del defunto sindaco mafioso di Palermo non mi entusiasma, anzi mi sembra pericoloso”.


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