Tra le ombre di Giampilieri - Live Sicilia

Tra le ombre di Giampilieri

Viaggio nelle zone della tragedia
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Le macchine di Giampilieri riposano davanti al mare. Le hanno portate a valle dopo la tragedia. Lamiere scassate. Spuma sullo sfondo e la ringhiera della passeggiata. Le macchine di Giampilieri sono morte in una notte di fango  e di paura. Anche le macchine possono morire. Non soffrono. Non urlano. Non alzano gli occhi al cielo. Muoiono della morte degli oggetti consueti e familiari, deformati dalla sciagura fino a perdere ogni filamento di parentela con le persone che li possedevano e un po’ li amavano. Devi fermarti sul lungomare e rendere omaggio a questi corpi silenziosi e sventrati. Ognuno di essi reca una traccia labile della vita che fu. In una Tipo ridotta in cenere, si vedono due cornetti rossi di buon augurio. Un portabagagli spalancato mostra indumenti irriconoscibili. C’è un libro sul retro di una Cinquecento rossa. Non si legge il titolo.
La polvere morde e ha cancellato tutto. Puoi passare una carità di mano per ripulire il libro. Puoi tornare a rileggere il titolo. Ma non sarà mai più lo stesso libro. La polvere morde e corrode cuore e caviglie. Giampilieri è lassù, oltre il ponte, col suo fango sempre più solido. Le ruspe lavorano. Il cielo azzurro è una bestemmia contro il dolore. Si sale in un turbine di polvere e di raccomandazioni. “Fermatevi alla scuola – dice un carabiniere – non andate oltre perché è pericoloso”. E’ il primo volto forte e gentile in divisa del viaggio. Sono in tanti: vigili del fuoco, volontari, poliziotti, carabinieri, eroi della protezione civile, personale della Croce Rossa. Si parla in napoletano, in romano, in siciliano. Sono le creature prodigiose che, in questo angolo straziato di Sicilia, picchiano sulla porta della speranza fino a far sanguinare le nocche. Il loro lavoro è prezioso, eppure lo tengono nell’ombra. E non vorranno milioni per ricompensa. Basteranno un sorriso e una pacca sulla spalla.
La scuola è il centro caldo della solidarietà. Oltre c’è solo un mare di fango e di disperazione. La scuola è la base logistica dei soccorsi. Gli sfollati del piccolo borgo vengono qui. Ricevono soccorso materiale e morale. Recuperano gli oggetti delle case perdute. Almeno quelli, per rammentare che pure ci furono quassù una casa da abitare e una vita da amare. All’ingresso della scuola, su una lavagna sono appuntati gli ordini e le indicazioni. Sul retro l’ardesia riporta i segni di un giorno qualunque in classe. Punti, virgole e frasi. E’ uno scampolo di normalità che nessuno ha cancellato e che fa bene all’anima. Una psicologa racconta: “La gente qui ha soprattutto paura di essere abbandonata e dimenticata. Diamo sicurezza. I bambini non si rendono conto, per loro è una novità, una vacanza”. Anche per i bambini tornerà l’autunno.
Il sole alto riscalda. Ora non sembra più una beffa, è una benedizione. Giovanna Gemellaro, sfollata, dice: “Non ho fiducia nelle promesse dei politici. Temo che nessuno si occuperà di noi. Ho paura”. E trascina a valle una scatola di plastica con le bottiglie d’acqua. La signora Leonarda aspetta il suo turno per il recupero, davanti al furgone dei vigili del fuoco. Chiede e si chiede: “Perchè Napolitano non è con noi”. Un caposquadra campano dei pompieri borbotta: “Stiamo facendo l’impossibile. Intanto ci tagliano mezzi e risorse, i miei ragazzi sono fantastici”. Si arranca in mezzo al fango. Chi può, almeno, arranca. Gli altri sono costretti a fermarsi. Una signora anziana si lamenta sommessa: “Penso alla mia povera e luminosa casetta”. Afferra il braccio del cronista con rude dolcezza e sussurra: “Non dimenticateci”. Il sole di Giampilieri è bellissimo. Su una terrazza ci sono due vasi di gerani. Su un balcone c’è una girandola multicolore, appena mossa dal vento.

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